domingo, 21 de junio de 2009

Da centro a centro



Otranto, dal 1 al 31 luglio, Lungomare degli eroi

Attraversa la nostra terra rossa da secoli, in sinuose forme tendenti verso il cielo e che, anno dopo anno, si diramano attraversando le vie del vento: la scultura più bella e ricca che la grande Madre natura ha creato è l’ulivo, fonte di ispirazione per molti artisti, musa preferita di Silvana Bissoli, la quale ogni anno, dalla sua Imola, giunge in Salento, in un appuntamento fisso per il Circolo Culturale Ricreativo di Otranto, assieme ad Alex Loreti, in una doppia personale, esponendo opere comuni nell’idea ma non nella pratica. Attraverso la pirografia, la Bissoli sviscera la natura mediterrenea alla quale è particolarmente legata, incidendo le forme sinuose del legno dell’ulivo e virando le immagini in un color seppia che contribuisce a dare quel senso di antico e consunto, tipico dei suoi lavori, che ben richiama l’antico sapore della nostra natura. Silvana Bissoli è un’artista autodidatta che vive ed opera ad Imola, dove ha dato vita al laboratorio “L’ulivo e la luna”, spazio di incontro con le diverse realtà artistiche territoriali, nel quale collabora il pittore imolano Alex Loreti, anche lui autodidatta, giovane eppur maturo nel tratto, curioso ed attento alla ricerca ed alla sperimentazione, attratto dalla forza del colore e dalla sua carica espressiva. Le sue opere rappresentano la realtà nel suo aspetto più semplice, quello dimenticato. Una mostra che, forse, potrebbe ricordarci che ciò che di più sacro abbiamo è proprio quello che quotidianamente mortifichiamo e sacrifichiamo ai nostri bisogni: la natura. (Alessandra DelVecchio)

miércoles, 10 de junio de 2009

Fulvio Tornese a Barcelona




FULVIO TORNESE
“TE ENCONTRARÈ”

Personale di pittura
DAL 16 AL 29 GIUGNO
Galleria RED03
Sant Antoni dels Sombreres 5
BARCELLONA (SPAGNA)

“Ti troverò dice quell’uomo che brancola nella nebbia. L’atmosfera è confusa, irreale, dalla misteriosità palpabile”. Ed è proprio in questo cammino impervio che si avventura la nuova fase della vita artistica di Fulvio Tornese, che si inaugura con una mostra personale nella Galleria Red 03 di Barcellona, Spagna, curata da Marcela Jardòn, con la direzione artistica di Carla Pinto. Protagonista di questo studio è un uomo le cui forme e proporzioni superano i limiti dell’equilibrio, rappresentando attraverso la propria fisicità imponente, da “gigante”, aspetti molteplici della condizione umana. Ricerca, introspezione, vanità e piccole debolezze, sono i tratti che distinguono questi personaggi solitari che si aggirano nello scenario tipico di Tornese, fatto di colori surreali, vivi, di spazi senza tempo nè misura. Così solitario si aggira il “Rabdomante” alla ricerca dell’acqua, fluttuando leggero nell’aria come nell’ ”Estasi”, pur consapevole della “Difficile arte del volo”, mentre fa ancora da sfondo quella città ideale, in cui il pittore dà vita ad un singolare equilibrio tra passione e professione. Fulvio Tornese è nato a Lecce, città in cui vive ed esercita la professione di architetto, in una felice fusione con la sua passione per l’arte, che da sempre lo accompagna e alla quale sin da ragazzo si è dedicato con costanza. Tra i protagonisti dello scenario artistico contemporaneo sin dagli anni Ottanta, le sue opere sono presenti in collezioni pubbliche e private. Il Vernissage si terrà il 16 giugno alle ore 20,alla presenza dell’artista. Catalogo bilingue in mostra con testo critico di Alessandra DelVecchio.

SPANISH VERSION
“ Te encontraré dice ese hombre caminando a tientas en la niebla. La atmósfera es rara, irreal, su misterio es tangible”. Y es propio en este intrincado camino que se aventura una nueva fase de la vida artística de Fulvio Tornese, que se inaugura hoy con una muestra personal en España, en la Galeria Red 03 de Barcelona, curada por Marcela Jardón y con la dirección artística de Carla Pinto. En esta presentación el protagonista es un hombre, cuyas formas y proporciones superan los límites del equilibrio, y representan a través de su propia aparencia imponente, de “Gigante”, muchas facetas de la condición humana. Búsqueda, introspección, vanidad y pequeñas debilidades son los rasgos distintivos de esos personajes solitarios que transitan en el típico escenario de Tornese, creado de colores surreales, vivos, en espacios sin tiempo ni medida. Así solitario deambula el “Rabdomante” buscando agua, fluctuando ligero en el aire como en el “Estasi”, sin embargo conciente de la “Difícil arte de volar”, mientras el proscenio todavía es la ciudad ideal, en la que el pintor establece un singular equilibrio entre pasión y profesión. Fulvio Tornese nació en Lecce, ciudad donde vive y ejercita la profesión de arquitecto, la cual se funde felizmente con su pasión por la pintura, que siempre lo acompaña y a la que desde joven se dedicó con constancia. Presente entre los protagonistas del escenario artístico contemporaneo desde los años Ochenta, sus obras se encuentran en colecciónes públicas y privadas.
Vernissage: Martes 16 de junio, 8:00 pm a la presencia del artista
Catálogo italiano-español y texto crítico de Alessandra Del Vecchio


INFORMAZIONI
INAUGURAZIONE

Martedì 16 giugno ore 20
alla presenza dell’artista
Catalogo in mostra con testo critico di Alessandra Del Vecchio.
SEDE GALLERIA D’ARTE CONTEMPORANEA
Red 03
Sant Antoni dels Sombrerers 5
Info Tel/Fax++34 933 107 131 / 605 829 931
Barcelona, Spagna

Alessandra DelVecchio







CATALOGO A CURA DI ALESSANDRA DEL VECCHIO
“Ti troverò” dice quell’uomo che brancola nella nebbia. L’atmosfera è confusa, irreale, dalla misteriosità palpabile. Ma la sicura affermazione infonde immediatamente un senso di pace, di enorme speranza, al punto che la nebbia si dissolve. Ma cosa sta cercando? Guardando le opere della ultima collezione di Fulvio Tornese è questa la prima domanda che salta in mente, perchè la sensazione di immedesimarsi nel protagonista, solitario e pensoso, subito infonde un senso di solidarietà e partecipazione. Ma non potremmo accompagnarli in nessun modo senza prima volgere uno sguardo indietro, lungo l’excursus culturale della vita artistica del pittore, la quale peraltro scorre all’unisono con quella professionale e quotidiana dell’essere. Perchè Tornese non ha mai voluto limitarsi ad essere solo un artista, con tutta l’inquietudine e gli affanni che questo comporta. Lui non poteva immaginarsi così tormentato, non riusciva a prendersi sul serio a questo modo. Scelse quindi di studiare architettura con la stessa gioia con la quale, nel tempo libero e non, continuava a dipingere, spinto dalla passione e dalla necessità che lo portava a creare ovunque si trovasse, sempre. Tra creazione e professione, il pittore e l’architetto intrapresero un viaggio in cui realtà e arte si fondono, il lavoro e la creatività non prescindono l’un dall’altro. La pittura diviene quindi una fuga dal grigiore della realtà verso la città ideale, in cui il cielo si colora di tinte surreali, i palazzi si srotolano come papiri e si stagliano in un incastro improbabile. Le strade non iniziano e non finiscono, non esiste spazio definito e le leggi dell’equlibrio architettonico sono completamente dimenticate, o meglio superate, perchè non ci sono limiti alla creazione dell’ambiente urbano di Tornese, in cui il sogno e la realtà si coniugano alla pura utopia, a sussurri non uditi. Erano i tempi delle città : strade e palazzi erano deserti, ma pian piano si insinuava un desiderio di inserire l’essere umano in quelle solitarie vie, così aeroplani le sorvolavano, come alieni in cerca di un nuovo pianeta, migliore del proprio, chissà l’uomo stesso. E così oggi, la veduta delle tele non è più quella aerea: siamo atterrati, siamo con i piedi sul suolo delle città fantastiche ed è adesso l’elemento umano il protagonista. Dopo la ricerca di un luogo ideale, Tornese cerca oggi l’uomo ideale. Così come il “rabdomante” alla ricerca dell’acqua, fluttuando leggero nell’aria come nell’”estasi”, pur consapevole della “difficile arte del volo”, Tornese cerca attraverso i suoi “giganti” un nuovo percorso, inaugurando una nuova fase della propria vita in cui la pittura non è più meraviglia ma consapevolezza. Così si aggirano curiosi questi personaggi senza luogo e senza tempo, la cui emotività variegata si traspone all’esterno, nell’astrattismo delle sembianze, nelle sproporzionate misure oltrepassando le leggi dell’equilibrio che fanno di un prospetto architettonico la base di una costruzione reale ed esprimendo idee e pensieri attraverso passaggi simbolici che si traducono in una composizione ricca e carica di significati, pur nella semplicità di lettura. Colori caldi, disegno pulito e lineare si contrappongono al concetto astratto, in un risultato compositivo qualitativamente alto, che rivela studio e conoscenza delle tecniche artistiche. Ma anche sperimentazione, perchè la sua opera porta a riflettere su quali procedimenti l’artista abbia usato per dare effetti e significati diversi ad ogni opera, pur mantenendo in ognuna colori accesi, una voluta patina, diversità di materiali che sono alcuni dei suoi tratti distintivi e che formano parte della sua originalità. Ogni scelta è dettata da una necessità precisa. “Spesso mi capita di girare con un quadro sottobraccio, o di lavorare al computer con l’immagine di un lavoro sempre aperta in un angolo dello schermo….qualsiasi cosa io veda può ispirarmi, anche solo girando per casa”, dice l’artista. Ed ecco che un palazzo diventa una caffettiera o viceversa, una nave una fumosa fabbrica, il mare un brulicare serpeggiante. E non si può certo dimenticare che il mondo esterno, quello che l’artista osserva ogni giorno, dalla propria finestra, è il limpido mare e la profumata macchia mediterranea salentina, fonte di ispirazione che ha convertito all’arte anche il più insensibile dei visitatori. Sapori e odori che non sono semplici accessori, ma formano parte integrante dell’anima e del subconscio, del vivere ogni giorno della propria vita sotto un cielo terso e un sole accecante, tra il barocco imperante delle città e la natura ancora selvaggia, arida e assetata, salata e bruna. Così questa fase è tutta rivolta all’uomo e alla sua ingombrante presenza. La maturità raggiunta oggi non lo detiene dal continuare a cercare, perchè la sua natura è compromessa con la curiosità, alimento quotidiano della sua passione, parte integrante di un talento che mai si disseta.

A.D.V.

Forme d’arte in movimento


Lecce, fino al 17 giugno

Un insolito viaggio attraverso le molteplici forme di interazione tra uomo e spazio é il filo conduttore della mostra collettiva Sensaktions, nelle sale della Primo Piano LivinGallery, in cui si incontrano ben ventidue artisti di nazionalitá differenti. Ognuno di loro esprimendo la propria visione, in tre differenti fasi che la curatrice, Dores Sacquegna, individua cosí: Emozioni dal profondo in cui Massimiliano Manieri, Dario Manco, Marissa Benedict, Matteo Procaccioli e Ilgvars Zalans si approcciano alla tematica attraverso le proprie intime emozioni; Collezionisti di memorie é la seconda fase in cui si alternano le opere di Kim Aesun, James Cooper, Victoria Dearing, Stefan Havadi-Nagy, Minas Halaj, Jean James, Mario Nimke, Matteo Procaccioli e Shelley Vouga e lo stesso titolo lascia intendere che scelgono di esprimere la propria visione attraverso luoghi e immagini della memoria; infine Un nuovo senso di spazio è quello reinterpretato da Gennaro Barci, Mirta De Simoni, Giovanni Felle, Remko Leeuw, Samuel Lipp, David Moyano Prieto, Helena Zapke Rodriguez e Benjamin Sohnel, in cui si assiste ad un mondo in transito, alle connessioni di linguaggio e di culture in movimento, nell’idea di un nuovo spazio senza barriere. Laddove naturalmente l’intento di un incontro multietnico è proprio quello di eliminare le distanze e di stabilire nuovi modi di dialogare, attraverso il linguaggio universale dell’arte. (Alessandra DelVecchio)
Sensaktions, collettiva d’arte contemporanea. PrimoPiano LivinGallery, viale Marconi, Lecce. Fino al 17 giugno. Orari: lunedí-sabato 17-20, mattina su appuntamento. Ingresso libero.

Mostra di Joan Miró, dal 27 giugno, castello di Otranto

Castello aragonese di Otranto, dal 27 giugno al 27 settembre


Antico e moderno, atmosfere medievali e surrealistiche in un incontro improbabile ma possibile, all’interno del Castello Aragonese di Otranto che si propone come contenitore culturale a livello internazionale. Sembra infatti che d’ora in avanti il borgo antico non avrà nulla da invidiare alle grandi capitali italiane dell’arte, grazie alla nuova gestione dell’A.T.I. costituita dalla Società cooperativa Sistema Museo di Perugia e dall’Agenzia di Comunicazione Orione di Maglie. Una piccola rivoluzione che si inaugura con un artista che firmò, a sua volta, una svolta nell’arte contemporanea quando, distaccandosi dall’espressionismo cominciò a sentire la voce di Dada prima e del Surrealismo poi: si tratta di Joan Mirò, uno dei grandi maestri spagnoli che in quell’epoca arricchivano la compagine culturale europea, testimoni di una realtà variegata e complicata, finestre di luce sulle guerre e su una borghesia sterile e agonizzante. Erano i tempi degli avanguardisti, quando gli eredi dei dadaisti firmarono il primo Manifesto della nuova corrente surrealistica capeggiata da Brèton. L’arte era profondamente influenzata dalla letteratura e dal metodo freudiano, ovvero si faceva mezzo attraverso il quale esternare l’inconscio e liberarsi dall’autocontrollo dettato da logica e senso comune. La potenza visionaria delle immagini è l’unico elemento comune di questa corrente che vede alternarsi personalità differenti, ognuna con il proprio punto di vista e con la propria originalità. Mirò impensabilmente era un semplice studente di materie tecniche, per volere del padre il quale desiderava che nella sua vita diventasse “qualcuno”, un desiderio esaudito anche oltre le aspettative. Il giovane Joan mostrò precocemente un interesse per l’arte talmente forte da convincere persino il padre e la sua mentalità pragmatica e realistica, quando si iscrisse all’Accademia di Belle Arti di Barcellona, dove venne a contatto con le ultime tecniche artistiche e le tendenze europee. I suoi tre amori furono il subconscio, il lato infantile dell’essere umano e il suo paese. Partendo da un’iniziale tendenza verso le correnti fauviste, cubiste e espressioniste, attraversa una fase naïf visibile ne La masìa, una splendida opera inaugurale che fu acquistata dall’acuto scrittore Ernest Hemingway dopo essere stata disprezzata dal gallerista del grande Pablo Picasso che fu, peraltro, un suo grande amico e ammiratore. Alla volta di Parigi il suo interesse per il lato onirico si sviluppa, incorporando lo stile surrealista, fino a più tardi realizzare il suo più grande desiderio, ovvero quello di “assassinare e violentare” la pittura, a favore di una forma espressiva che fosse totalmente indipendente da qualunque compromesso con le correnti contemporanee. Naturalmente Mirò non era solo un pittore, ma anche scultore e ceramista, in entrambi i campi ad altissimi livelli espressivi. Intensa fu anche la sua produzione di litografie, una tecnica dalla quale restò profondamente affascinato e che è al centro della mostra all’interno del castello aragonese. Come prima di lui Goya e Lautrec, l’interesse per la litografia era chiaramente legato alla versatilità della tecnica e alla passione per la sperimentazione. Negli ultimi anni della sua vita Mirò viaggiò a New York e per un tempo lavorò all’interno dell’Atelier 17 di Hayter, dove potè approfondire le sue conoscenze della calcografia; proprio in questi mesi realizzò le litografie per Le Desesperanto, uno dei tre volumi dell’opera L’Antitête di Tristan Tzara, poeta rumeno che fu uno dei fondatori del movimento dadaista. In seguito il poeta compone l’opera Parler seul, durante la degenza nell’ospedale psichiatrico di Saint-Alban e Mirò fu l’autore delle settantadue litografie a colori che decoravano il libro dall’omonimo titolo. Da questa fortunata esperienza cominciarono le sue diverse collaborazioni con gli amici poeti, come lo stesso Breton. Un’altra serie in mostra è quella dal titolo Ubu Roi, ispirata all’opera teatrale omonima di Alfred Jarray del 1986, in cui Ubu è un personaggio che rappresenta una esasperazione comi-tragica dell’essere umano dominato dalle passioni piuttosto che dalla ragione. La “Patafisica” a sua volta aveva ispirato Jarray, ovvero la “scienza delle soluzioni immaginarie e delle leggi che regolano le eccezioni”. Idee fondamentali di questa filosofia erano la libertà e la creatività ma soprattutto l’ironia, concetti che influenzarono le avanguardie del ‘900.

(Alessandra Del Vecchio)