martes, 14 de julio de 2009

ARMANDO MARROCCO, PERCORSI



Frammenti di vita plasmati dal vento

“Tempio del vento” è il titolo che Armando Marrocco, negli anni ’80, dava ad una sua opera polimaterica, ma è anche emblema del lavoro d’artista e della ricerca estetica, oltre che umana e spirituale, di un percorso volto alla simbiosi con la materia, con la sua imponenza e fisicitá che, al tempo stesso, è plasmabile. Come il vento, infatti, le mani dell’artista salentino interagiscono su materiali disparati, naturali e non, dal cartone al bronzo, dal cemento al marmo o alla semplice terra, sicuramente quella rossa e infuocata, instancabilmente sin dagli anni Cinquanta. Ed è proprio quí nella sua terra natale che giunge oggi, tappa non ultima dei suoi innumerevoli “Percorsi”, come dall’eloquente titolo della mostra ospitata nelle sale del Castello Carlo V per tutta l’estate e curata da Toti Carpentieri e Raffaele Gemma. Nativo di Galatina, Marrocco ha studiato e insegnato scultura presso l’Istituto d’arte salentino per poi dirigersi verso i grandi centri dell’arte e della cultura. Ammiccante era Milano negli anni ’60, per lui importante fulcro di scambi e gravida di esperienze formative al fianco di architetti e urbanisti. La sua creativitá non conosce alcun confine: è ancora giovanissimo quando realizza importanti opere come la scultura per l’ Hailè Selassiè Foundation Building di Addis Abeba, in memoria del Ras etiope, o partecipa, con Pierre Restany, all’anniversario del Noveau Realisme nel 1970. Cosí le sue opere si sono disseminate dentro e fuori il Paese, sicuramente il Salento ne gode particolarmente: note sono le sue opere urbanistiche come le fontane in pietra leccese o i portali bronzei della Cattedrale di Lecce e del santuario di Santa Maria “de finibus terrae” a Leuca. Amante della natura, indagatore della umana condizione, la sua ricerca ininterrotta lo ha condotto per tutti questi anni senza mai perdere la strada nè tantomeno il soffio vitale che permea le sue opere, che sono frammenti di vita e di spazi lontani, piccoli angoli di terra in cui riflettere e sentirsi parte di un pianeta piuttosto che di un mondo. nella convinzione che il viaggio sia “l’unica condizione umana valida e giustificabile”come lui stesso ama affermare. Cosí tra passione e pura poesia, la sua carriera è stata omaggiata dai migliori critici d’arte italiani e dal miglior pubblico internazionale, “tra sconfinamenti e riflessioni” descrive Toti Carpentieri ”con continue discese nella memoria, in una sorta di volontaria necessità di riconciliare il passato con il presente, la natura con l’uomo, in un’opera che è reliquia e stupore, tra tele, specchi, legni avvolti da stoffe colorate, sabbie australiane, resine e magiche ed auree presenze, nell’emergenza di una sacralità che appartiene a quest’ultimo sciamano”, vero e proprio alchimista della vita e dell’arte. (Alessandra Del Vecchio)
Lecce, Castello Carlo V, fino al 30 agosto.